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e puoi aver per tua, se crudel foco
non m arda, il che son certa non vorresti.
Né dico più se non ch io priego Iddio
che ne contenti il tuo e  l mio disio».
Riceve Troiolo la risposta di Criseida e quella con Pandaro esa-
mina, lieta speranza per quella prendendo.
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E poi che ella ebbe in tal guisa detto,
la ripiegò e suggellolla e diella
a Pandaro, il qual, tosto il giovinetto
Troiol cercando, a lui n andò con ella,
e presentagliel con sommo diletto;
il qual, presala, ciò che scritto in quella
era con festa lesse sospirando,
secondo le parole il cor cambiando.
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Ma pure in fine, seco ripetendo
bene ogni cosa che ella scrivea,
disse fra sé:  Se io costei intendo
amor la stringe, ma sì come rea,
sotto lo scudo ancor si va chiudendo;
Letteratura italiana Einaudi 66
Giovanni Boccaccio - Filostrato
ma non potrà, pur che forza mi dea
Amore a sofferir, guari durare,
ch ella non vegna a tutt altro parlare. 
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E  l simigliante ne pareva ancora
a Pandaro, col quale el dicea tutto;
per che più che l usato si rincora
Troiol, lasciando alquanto il tristo lutto,
e spera in brieve deggia venir l ora
ch al suo martiro deggia render frutto:
e questo chiede, e dì e notte chiama
come colui che solamente il brama.
Crescendo l ardore di Troiol, Pandaro desideroso di servirlo
induce Criseida a dover esser con lui.
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Crescea di giorno in giorno più l ardore,
e come che speranza l aiutasse
a sostener, pur gli era grave al core,
e deesi creder che assai il noiasse;
per che più, volte del suo gran fervore
stimar si può che lettere dittasse.
Alle quai quando lieta e quando amara
risposta gli veniva, e spessa e rara.
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Per che sovente d Amor si dolea
e di Fortuna cui tenea nemica,
e spesse volte: «Oh me», seco dicea
«s un poco pur la pungesse l ortica
d amor, com ella me trafigge e screa,
Letteratura italiana Einaudi 67
Giovanni Boccaccio - Filostrato
la vita mia, di solazzo mendica,
tosto verrebbe al grazioso porto,
al qual prima ch io vegna sarò morto».
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Pandaro, che sentia le fìamme accese
nel petto di colui cui egli amava,
era de prieghi suoi spesso cortese
a Criseida, e tutto le narrava
ciò che di Troiol vedeva palese;
la quale, ancor che lieta l ascoltava,
diceva:  Io non posso altro, io gli fo quello
che m mponesti, caro mio fratello. 
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 Non basta questo:  Pandar rispondea 
io vo che tu  l conforti e che gli parli. 
A cui Criseida allo  ncontro dicea:
 Cotesto non intendo mai di farli,
ché la corona dell onestà mea,
per partito verun non vo donarli;
come fratel, per la sua gran bontate
l amerò sempre con ferma onestate. 
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Pandaro rispondea:  Questa corona
lodano i preti a cui tor non la ponno,
e ciaschedun com un santo ragiona,
e poi vi colgon tutte quante al sonno.
Di Troiol non sapra giammai persona;
or pena assai e fa pur ben del donno.
Assai fa mal chi può far ben nol face,
e perder tempo a chi più sa più spiace. 
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Giovanni Boccaccio - Filostrato
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Criseida dicea:  La sua virtute
tenera so ch ell è del mio onore,
né da me altro che cose dovute
domanderia, tanto è il suo valore;
ed io ti giuro, per la mia salute,
ch io son, da quel che tu dimandi in fore,
sua mille volte più ch io non son mia,
tanto m aggrada la sua cortesia. 
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 Se el t aggrada, or che vai tu cercando?
Deh, lascia star questa salvatichezza.
Intendi tu che el si moia amando?
Ben potrai cara aver la tua bellezza,
s uccidi un cotale uom; deh, dimmi quando
tu vuoi ch ei vegna a te, cui el più prezza
che non fa  l cielo, e dimmi come e dove;
non voler vincer tutte le sue prove. 
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 Oimè lassa! a che m hai tu condotta,
Pandaro mio, e che vuoi tu ch io faccia!
Tu hai l onestà mia spezzata e rotta,
io non ardisco di mirarti in faccia.
Oh me lassa, me misera, a che otta
la riavrò io? il sangue mi s agghiaccia
intorno al cor, pensando quel che chiedi,
e tu non te ne curi e chiaro il vedi.
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Io vorrei esser morta il giorno ch io
qui nella loggia tanto t ascoltai;
Letteratura italiana Einaudi 69
Giovanni Boccaccio - Filostrato
tu mi mettesti nel core un disio
ch appena credo ch el n esca giammai,
e che mi fia cagion dell onor mio
perdere e, lassa, d infiniti guai.
Ma più non posso; poiché t è  n piacere,
sposta sono a fare il tuo volere.
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Ma s alcun priego può nel tuo cospetto,
ti priego, dolce e caro mio fratello,
ch a tutti ciascun nostro fatto o detto
occulto sia: tu puoi ben veder quello
che seguir ne poria, se tale effetto
venisse a luce. Deh, parlane ad ello
e fannel savio, e come tempo fia,
io farò quel che suo piacer disia. 
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Rispose Pandar:  Guarda la tua bocca,
ché el per sé, né io, mai nol diremo. 
 Or haimi tu  diss ella  per sì sciocca,
che vedi di paura tutta triemo
ch el non si sappia? Ma poiché ti tocca
l onore e la vergogna che n avremo
sì come a me, passerommene in pace,
e tu ne fa omai come ti piace. 
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Pandar disse:  Di ciò non dubitare,
ché in ciò avrem ben buona cautela. [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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